Quadreria Maldotti – percorso espositivo

SALA A: LA BIBLIOTECA MALDOTTI E IL SUO FONDATORE

Percorso quadreria25 agosto 1721 – Marcantonio Maldotti nasce a Guastalla in una famiglia di persone colte e religiose. Studia presso il collegio del Seminario di Reggio Emilia, dove si insegnano le “scienze umane” (filosofia, logica, fisica, metafisica e filosofia morale), verso le quali sono rivolti i suoi interessi.

A 17 anni discute la sua prima tesi filosofica presso il collegio. In questo periodo viene introdotto alla corte dei Gonzaga di Guastalla, dove governa l’ultimo duca, Giuseppe
Maria. La duchessa Maria Eleonora Carlotta lo prende sotto la sua protezione.

1741 – È studente a Parma di scienze matematiche. Sostiene una pubblica disputa di Meccanica, Nautica, Geografia, presso l’Accademia del Collegio dei Padri Gesuiti: ha 20 anni. Rimane a Parma fino al 1746, per studiare giurisprudenza.

1747 – Parte per Roma con una lettera di referenze della duchessa. Qui prosegue i suoi studi e prende contatto con influenti personalità ecclesiastiche (i cardinali Corsini, Clementi, d’Este e Valenti).

1748 – Torna a Guastalla e decide di intraprendere la vita ecclesiastica.

20 settembre 1749 – Viene ordinato sacerdote. Conduce una vita ritirata a Reggio Emilia, dove abita in una modesta casa d’affitto, dedicandosi al ministero sacerdotale e agli studi. Coltiva la passione per i libri, nata in gioventù, e continua ad acquistarne, aumentando il nucleo originario della propria biblioteca.

Negli ultimi anni di vita si trova coinvolto nel grande fermento generato a Reggio Emilia
dall’arrivo dei francesi, con l’istituzione delle repubbliche Reggiana e Cispadana. Deve partecipare a manifestazioni e cerimonie patriottiche, è costretto a farsi sostituire nell’assolvimento dei doveri militari e ad ospitare soldati di passaggio nel proprio appartamento, invaso dai libri.

15 agosto 1801 – Muore il sacerdote guastallese Marcantonio Maldotti: ha disposto, fin dal 1791, la donazione dei suoi 5000 volumi «a comodo e a vantaggio pubblico degli abitanti di questa Città e Diocesi di Guastalla».
Vuole fondare una biblioteca pubblica. Nel suo lascito non ci sono opere d’arte.

1817 – La Biblioteca Maldotti apre stabilmente al pubblico.
È gestita da una congregazione che mette insieme autorità religiose e membri laici delle istituzioni cittadine: il Vescovo di Guastalla, il rappresentante del Prefetto, il Parroco, il Podestà e il rappresentante del Capitolo del Duomo.
Nulla lascia pensare che la nuova biblioteca possa divenire un luogo di conservazione di importanti dipinti.

SALA B: IL PRIMO NUCLEO DELLA “QUADRERIA”
PadreDipinti come documenti di storia locale: duchi, cittadini illustri, bibliotecari

Il lascito con cui Marcantonio Maldotti istituisce la biblioteca non comprende opere d’arte.
Il primo dipinto entra nel 1812 con l’acquisto di un grosso lotto di libri. Il secondo arriva nel 1819, lo dona un privato. Negli anni Venti dell’Ottocento si susseguono una serie di donazioni di tele piuttosto scadenti sul piano della qualità pittorica, ma interessanti quali
testimonianze di storia locale. La biblioteca possiede ancora soltanto ritratti: effigi ufficiali dei Gonzaga, di illustri letterati o ecclesiastici. Questa situazione resta immutata sino alla metà del secolo.

SALA C: IL LASCITO DI DON LUIGI ANTONELLI
Capolavori dall’eredità di famiglia

Nel 1889 entra in biblioteca il lascito che cambierà radicalmente la natura e l’importanza della raccolta d’arte della Maldotti. Con un testamento olografo il sacerdote guastallese don Luigi Antonelli, l’8 marzo 1888, all’età di sessantuno anni, lascia alla biblioteca 749 libri e un gruppo di dipinti da scegliersi fra i pezzi migliori della sua collezione personale.

Don Luigi Antonelli muore il 5 gennaio del 1889. Viene chiamato a selezionare le opere da trasferire alla Maldotti il pittore Pietro Rossi, che ne individua 18, fra le quali alcuni capolavori esposti in questa sala.

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SALA D: IL XIX SECOLO
L’arte “moderna” entra in biblioteca

La Biblioteca Maldotti possiede un consistente numero di opere dell’Ottocento, donate in buona parte entro la fine del secolo. La quadreria, che inizialmente aveva assunto un carattere “antiquario”, si apre gradualmente alle espressioni del proprio tempo e si Arricchisce di opere “contemporanee”, di alto livello qualitativo (La morte di Giuseppe di Pietro Rossi, alcuni raffinati ritratti maschili a carboncino) e di autori prestigiosi (Hayez, De Nittis).

SALA E: ANTONIO GUALDI
Un guastallese nella Milano di Hayez

La figura di maggiore prestigio dell’Ottocento Guastallese è rappresentata da  Antonio Gualdi, pittore che appartiene cronologicamente e stilisticamente alla generazione di Hayez, d’Azeglio, Molteni.

Franzosi2561Nato a Guastalla nel 1796, si forma all’Accademia di Firenze e poi a Roma. Rientrato nella propria città d’origine a causa di una grave malattia del padre, si trova a dover gestire la difficile situazione patrimoniale della famiglia. Inizia così il primo dei due periodi più importanti della sua vicenda artistica, quello guastallese. Gualdi lavora intensamente come ritrattista per la nobiltà e la borghesia locali e produce alcuni dipinti sacri per le chiese di Guastalla e del circondario. Nel 1836 decide di trasferirsi a Milano. Dopo un breve periodo di ambientamento, Gualdi aggiorna tanto i soggetti, quanto lo stile nella direzione indicata da Hayez e dal gusto troubadour. Dal 1837 partecipa agli eventi espositivi di maggior rilievo nella capitale lombarda, in particolare, alle esposizioni annuali di Brera, vetrina artistica ufficiale e prestigiosissima della pittura lombarda. Si costruisce rapidamente una reputazione solida, che gli procura commissioni e lo inserisce a pieno titolo nel contesto artistico cittadino.

SALA F: DONAZIONE DELLA PRIMA METÀ DEL NOVECENTO
Rufo Paralupi, il podestà che amava l’arte moderna

Il 12 luglio 1937 muore suicida Rufo Paralupi, esponente dell’antica e prestigiosa famiglia che dal 1772 possiede e abita la Villa al Maso nel territorio di Luzzara. Da questa residenza di origine gonzaghesca proviene la serie di dipinti seicenteschi delle otto Dame, che per diversi anni hanno fatto compagnia ai lettori nella sala di consultazione della Biblioteca Maldotti.

Rufo è figlio di Catullo Paralupi, il cui ritratto apre la sala. In una stirpe di ingegneri, agronomi e militari egli rappresenta una eccezione: gli interessano l’arte contemporanea e la storia locale. Segue la Biennale di Venezia nei primi anni del XX secolo, pubblicando numerosi articoli su testate nazionali e alcuni volumi per editori specializzati. Nel 1930 viene nominato podestà di Luzzara, rimane in carica fino al 1935. Si toglie la vita nella casa dei suoi avi, dopo avere scoperto di essere affetto da una grave malattia. Ha quarantanove anni.
Lascia alla Biblioteca Maldotti un archivio costituito da circa 2000 volumi, centinaia di documenti antichi, alcune opere d’arte e un ricco epistolario con autografi di importanti letterati del periodo fra le due guerre. Si costituisce così uno dei fondo più importanti e più consultati della biblioteca.

SALA G: IL LASCITO BISINI
La collezione di un imprenditore di successo

Attilio Bisini è un ingegnere (nato a Guastalla nel 1901), socio di un’azienda specializzata in costruzione e manutenzione di infrastrutture edili e stradali. Nel 1982 egli abita a  Milano, è da tempo in pensione e decide di fare testamento. Lascia i propri immobili e le azioni alla Casa di Riposo Paralupi di Guastalla, i quadri e i mobili contenuti nelle sue case di Milano, Livorno e Guastalla vanno invece alla Biblioteca Maldotti.
Muore il 6 novembre 1988 e i suoi beni vengono acquisiti dalla biblioteca l’anno successivo. La sua collezione si compone di opere scelte con cura da un collezionista esperto o ben consigliato nei suoi acquisti da consulenti di alto livello. 

SALA H: RITRATTI DUCALI

La Maldotti possiede un consistente numero di ritratti dei signori della città del periodo gonzaghesco. Sappiamo dai documenti che la committenza dei duchi di Guastalla per la corte, per le chiese e le istituzioni cittadine si rivolgeva, fra il XVII e il XVIII secolo, a figure di primo piano, soprattutto dell’ambito bolognese ed emiliano. Vincenzo Gonzaga, per esempio, nel 1696 chiamò a Guastalla e ospitò presso la sua corte Benedetto Gennari (collaboratore diretto di Guercino ed erede della sua bottega) per l’esecuzione di due ritratti della figlia Maria Isabella, da inviare all’imperatore.
Il livello tecnicamente medio-basso della ritrattistica conservata oggi presso la biblioteca ci suggerisce pertanto provenienze da ambiti solo indirettamente connessi alla corte e per i quali venivano impiegati pittori di modeste capacità, a cui si chiedeva di replicare prototipi d’autore oggi di spersi o non riconosciuti.

Teodora d'Assia_modSi presentano in questa sezione i ritratti delle ultime quattro coppie ducali che ressero Guastalla: Ferrante III (duca di Guastalla dal 1632 al 1678) e Margherita d’Este (sposata da Ferrante nel 1647); Vincenzo Gonzaga Conte di San Paolo in Puglia (regge Guastalla dal 1692 al 1714) e Maria Vittoria Gonzaga (figlia di Ferrante III, sposata da Vincenzo nel 1679); Antonio Ferdinando Gonzaga (figlio di Vincenzo, duca di Guastalla dal 1714 al 1729) e la moglie Teodora d’Assia Darmstadt (il matrimonio risale al 1727); Giuseppe Maria Gonzaga (fratello malato di mente di Antonio Ferdinando, gli succede nel 1729 a causa della sua morte improvvisa e regge la città solo formalmente) ed Eleonora Carlotta Schleswig Holstein (andata sposa per procura a Giuseppe Maria nel 1731).

SALA I: LE DAME DI VILLA PARALUPI

Gli otto dipinti sono stati donati alla Biblioteca Maldotti nel 1981 dagli eredi della famiglia Paralupi. Erano conservati nel salone di rappresentanza di Villa Maso Paralupi, una delle più importanti residenze di origine gonzaghesca della bassa reggiana.

Si tratta di otto dame in grandezza naturale (m. 1.70) perfettamente abbigliate secondo il gusto di fine Seicento. La particolarità è che i volti sono pressoché identici, mentre l’insieme di abito, accessori e acconciature presenta otto varianti estremamente dettagliate e tra loro differenti, tanto da mettere in secondo piano l’aspetto ritrattistico in favore della documentazione vestimentaria.